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CENTENARIO DELLA NASCITA DI POTITO RANDI (1909-2009)
potito randi
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POTITO RANDI: testimonianze

La “mia” Spica..
di Mario Brucchi

Passeggiavo nella zona della Spica, l’estate scorsa, godendo la quiete di una camminata confortevole, e il piacere dei ricordi che proprio quell’area destava in me, così intensi e cari. D’improvviso, alzo lo sguardo e vedo che era iniziata la demolizione del capannone a due piani della “mia” vecchia fabbrica.. Che dispiacere.. stavano cancellando uno stabilimento speciale, una struttura che aveva avuto una così grande importanza per me, per tanti come me e per questa città; uno stabilimento - e una storia imprenditoriale - che anch’io avevo contributivo a realizzare. Così, con una naturalezza istintiva, mi sono tornati in mente i tempi della mia appartenenza a quel complesso, noto ufficialmente (ma anche confidenzialmente) come “Ceramica Spica”.
Sono stato assunto dalla Ceramica Spica nel 1955 e sono rimasto in quell’azienda per tutta la sua attività, anche dopo il suo passaggio alla Villeroy&Boch e fino alla chiusura, avvenuta nel 1982.

I ricordi sono tanti, legati a persone, episodi, avvenimenti, storie, che hanno segnato la mia vita e il mio percorso lavorativo. Nella vita di ciascuno ci sono nomi, volti, che restano come pietre miliari, come punti di riferimento ineludibili. Per me, e per tanti altri come me, uno di questi nomi è Potito Randi, il titolare di quella fabbrica, della Spica; con il suo, altri due nomi si affacciano alla memoria prepotentemente: Vincenzo Canini e Edgardo Arpa, i miei diretti superiori.

I ricordi corrono con emozione... Dopo un brevissimo tirocinio, mi venne affidata la conduzione del reparto “preparazione impasto pasta gialla” e dopo l’ampliamento della fabbrica, nel 1963, anche la più impegnativa conduzione del reparto “preparazione impasto pasta bianca”. La mia squadra era composta, inizialmente, da 17 operai che poi aumentarono fino a 35 unità. Si trattava di svolgere mansioni decisamente fondamentali per il prosieguo della catena di lavorazione e non sono mancati, com’è ovvio, momenti di difficoltà, specialmente nella fase iniziale di messa a punto degli impianti e dei relativi macchinari.

Ma nei ricordi c’è spazio anche per gli episodi di allegria, quelli più spensierati. Nel ‘63 costruimmo un carro per il Carnevale, un “missile” che per la sua movimentazione utilizzava le ruote della pala gommata usata nel mio reparto per il movimento dell’argilla. Ricordo con nostalgia di aver contribuito alla costruzione del “missile”, lavorando prevalentemente di domenica con dedizione e tanto entusiasmo.

Come detto, ho avuto come diretti superiori l’ing. Vincenzo Carlini e più strettamente il geom. Edgardo Arpa. Del primo ricordo la straordinaria umanità e la grande capacità di comprensione, del secondo non posso dimenticare la costante presenza in fabbrica e la capacità di dirigere con fermezza tutto il complesso produttivo, fino a ‘condurre con grande maestria il cantiere edile necessario per l’esecuzione dei molteplici e gravosi lavori di ampliamento dello stabilimento.

E poi c’era il dott. Potito Randi; con lui ho avuto frequenti, cordiali colloqui, soprattutto quando veniva nel mio reparto per i suoi diretti contatti con le maestranze, per conoscere dalla voce dei suoi lavoratori quali erano le attese, le richieste, le aspettative, i commenti sulle fasi e le modalità di lavorazione. Avevo imparato a distinguere quali fossero i momenti migliori per parlare con lui — e, di conseguenza, quelli in cui evitarlo.. Ricordo che un segnale che, in questo senso, percepivo con chiarezza, mi veniva da come indossava il cappello o da come procedeva nel camminare: se a testa bassa, senza curarsi di chi aveva intorno, era meglio non disturbarlo...

Sì, Potito Randi è stato un grande imprenditore che, tra gli innumerevoli pregi, ha saputo scegliere i suoi collaboratori, aspetto questo caratterizzante di chi sa guidare un’azienda, con autorevolezza più che con autoritarietà..
Ne ero sicuro allora, ma oggi ho la certezza che se la Spica non avesse avuto alla sua guida dott. Potito Randi con l’apporto di Canini e Arpa, sarebbe stato difficile raggiungere i risultati ottenuti.

Poter dire oggi di aver dato il mio contributo all’affermazione di una impresa che all’epoca era sicuramente la più importante del nostro territorio, mi rende fiero. Ho conosciuto e lavorato con Potito Randi: è per me motivo di orgoglio; tanti altri dipendenti, protagonisti di un’avventura imprenditoriale comunque esaltante, a distanza di 40 anni concordano con questo mio pensiero e sono pervasi dal medesimo sentimento. E’ giusto, perciò — e forse doveroso — ricordare la figura e l’opera di questo grande Capitano d’Industria a cento anni dalla sua nascita.

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