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                      Parlare oggi  della persona Potito Randi, nelle diverse sfaccettature di uomo, imprenditore e  mecenate, senza dimenticare il suo impegno di amministratore pubblico, sarebbe,  in tale manifestazione conclusiva delle celebrazioni organizzate nella  ricorrenza del centenario della nascita, quasi un fatto ripetitivo, se non  riduttivo, dopo la molteplicità delle testimonianze  che, sia per l’afflato della conoscenza e della  memoria della collaborazione diretta avuta ancora da tanti, sia per  l’intelligente opera di ricerca e di approfondimento sull’azione di Randi svolta per l’occasione, anche con l’ausilio dei primari ed insostituibili  ricordi offerti dai familiari, hanno avuto modo di illustrarne compiutamente la  figura e l’opera.
Io partirò da  alcuni ricordi personali su momenti che mi dettero occasione di incontrarlo e conoscerlo.  Avere rapporti con Randi era motivo per ricavarne subito l’impressione di  essere di fronte ad un  preparato, non  improvvisato, imprenditore e vero manager industriale. E ciò sia per il modo  deciso di fare, senza lungaggini e superficialità, ma al tempo stesso con  attenzione acuta alle opinioni e ragioni degli altri. Certamente non era un  carattere facile, qualche volta duro ma che rapidamente si apriva alla  cordialità.
Uno dei primi  incontri con il dott. Randi lo ebbi verso la fine degli anni cinquanta, quando  impegnato a preparare alcune tesine su temi economici per l’esame finale da  sostenere alla scuola post – universitaria di Sviluppo Economico, chiesi  di  intervistarlo sulle prospettive di  mercato della ceramica industriale, e segnatamente sulle possibili espansioni  produttive anche per i materiali ceramici di rivestimento esterno nell’edilizia.
                      A parte la  cortesia genuina dimostratami,  fui  colpito dalla passione nell’argomentare i vari aspetti della situazione e delle  prospettive del comparto. In quella stessa occasione ebbi modo di conoscere  anche Carlini, suo stretto collaboratore. 
                      I rapporti  con Randi ebbero modo di accrescersi quando, ormai impiegato della Camera di  Commercio con la funzione di responsabile dell’Ufficio Studi e Statistica,  avevo modo di svolgere contatti con le diverse associazioni economiche, e tra  queste l’Unione Industriali, di cui Randi era diventato intanto l’apprezzato  Presidente, affiancato dall’attivo Direttore, avv. Nicola Cipolletti.
                      In uno dei  primi numeri, dell’anno 1962, del mensile dell’ente camerale “Notiziario  Economico”, rinnovato nella veste tipografica a stampa ed ampliato nei  contenuti di ricerca ed approfondimento, per intelligente iniziativa  dell’allora Segretario Generale, Dott. Emilio Rosa, pubblicai un articolo sulla  industria ceramica nel teramano.
                      Non avevo  potuto sentire Randi, come avrei voluto, anche in riferimento ai trascorsi dell’esperienza  SIMAC, e poi, SPICA a Castelli. Dopo l’uscita dell’articolo, Randi che l’aveva  letto, incontrandomi, mi espresse l’apprezzamento, ma non mancò, con il suo  modo anche un po’ rude, di mettere in evidenza qualche aspetto dell’argomento  da me trascurato ed alcune piccole imprecisioni. Non potetti che prenderne atto  e ringraziarlo.
                    Ma cosa ha  rappresentato Randi con la sua vita e le sue esperienze?
Nato nel 1909 a Faenza, una città famosa per la sua illustre tradizione nel campo della ceramica, diventava quasi naturale frequentare gli studi presso la Scuola d’Arte di questa città, nella sezione di Chimica e Tecnologia ceramica, con la direzione di Gaetano Ballardini e potendo far tesoro del valido insegnamento di validi maestri, a cominciare da quello del ben noto ingegnere ungherese Maurizio Korach.
Accanto a  primi impegni in alcuni importanti complessi industriali, dove aveva modo di  acquisire esperienze illuminanti nella conoscenza e nell’approfondimento di  sempre avanzate tecniche lavorative, non trascurava di praticare aggiornamenti  ulteriori con soggiorni all’estero, presso altri Paesi europei, ed in  particolare la Germania.
                      Partecipò  alla costituzione della Soc. SPICA, alla quale apportava anche alcuni suoi  brevetti, per la produzione di materiale ceramico, ed in particolare di candele  per motori. Tale società, con stabilimento a Bologna, avrebbe intanto acquisito  la SIMAC (Società Industriale Maioliche Abruzzesi Castelli) di Castelli,  azienda  che aveva cercato negli ultimi  tempi di avviare anche qualche tentativo di produzione proprio di candele.
                      Randi andava  maturando esperienze e motivazioni per diventare imprenditore in proprio. 
E l’occasione  venne offerta dall’incalzare degli eventi bellici, che avevano provocato anche  la distruzione di buona parte dell’impianto SPICA di Bologna, per cui il  cammino di vita lo portava nel 1943   a Castelli per proseguire produzioni nella vecchia SIMAC che, sorta quasi venti anni prima in quel comune caratterizzato da antica  tradizione nelle lavorazioni ceramiche, aveva svolto in prevalenza attività di  produzione di stoviglieria pregiata in porcellana, e negli ultimi tempi, con  marchio appunto SPICA, quella delle candele di accensione per motori.
                      Randi si  trovò nelle condizioni di rilevare in proprio l’impianto, avendo avuto  trasferite le quote partecipative degli altri soci SPICA, di fatto anche come  rimborso di spettanze a lui dovute. Veniva rilevata una azienda che, pur avendo  significato molto per Castelli (nei periodi migliori vi erano state impiegate  oltre duecento unità lavorative), denunciava ormai da tempo serie difficoltà  produttive.
                      Randi  comunque, affiancato dal fidato ed intelligente tecnico Vincenzo Carlini,  proseguiva, sotto ormai il marchio unico SPICA, e con l’utilizzo degli impianti  esistenti, la produzione di candele, ed anche quella della stoviglieria, non  più in porcellana, ma in ‘terraglia forte’, per contenere i costi e disporre di  materie prime che potevano reperirsi facilmente in Italia.
                    Molti furono  i giovani dipendenti che Randi, con la giustificazione di produrre materiale,  come le candele, necessario agli autoveicoli militari, riuscì a trattenere al  lavoro nello stabilimento, evitando il loro invio al Nord od in Germania per  essere arruolati ed addestrati nell’esercito della costituita Repubblica  sociale.
Intanto  finiva la guerra, e si veniva riducendo, fino a terminare, la produzione di  candele. Si iniziò a diversificare sia con la tradizionale lavorazione di  stoviglieria, con tentativi innovativi di prodotto e stile, sia avviando la  produzione di piastrelle da rivestimento e da pavimento.
                      Dietro queste  produzioni stava però un lavoro certosino e continuo per lo studio e la  realizzazione di impasti e smalti tecnicamente avanzati, e quindi di  predisposizione di decori realizzati con l’innovativo metodo serigrafico;  lavoro che vedeva sempre impegnato Randi direttamente insieme ai suoi  collaboratori.
                      La SPICA,  oltre che come impianto produttivo, svolgeva pertanto il suo compito di vero e  proprio laboratorio di ricerca, per la realizzazione e lo sviluppo di  prototipi, in previsione di nuove più avanzate e consistenti produzioni secondo  le moderne ed ormai sempre più positive prospettive di mercato, con l’avvio  della ricostruzione e del nuovo sviluppo del Paese.
Il patrimonio  di conoscenze acquisite rappresentò senza dubbio la condizione per realizzare  la nuova SPICA, nel comune di Teramo, al fine della produzione specifica ed  ampliata delle piastrelle, a partire da quelle per rivestimento, in maiolica  smaltata.
                      Dopo l’avvio  dell’attività produttiva, nel 1956,   in un primo tempo con due soli forni a tunnel, già nel  1959 si rendeva necessaria la costruzione di altri due forni, con il raddoppio  della produzione aggiungendo prima quella delle piastrelle a due colori e poi  ancora quelle decorate.
                      E’ il momento  della espansione commerciale che viene rivolta anche al mercato estero  (Svizzera, Spagna e gli stessi Stati Uniti).
                      Nel 1960  veniva introdotta la produzione di materiale in ‘pasta bianca’, oltre a quella  ‘gialla’ fino ad allora prevalente. Tale nuovo prodotto, oltre ad avere un  positivo intrinseco valore aggiunto, era peraltro quello maggiormente richiesto  in Europa, a partire dalla Francia e Germania.
                      Tale  obiettivo veniva raggiunto con la realizzazione di altri due forni.
                      L’area dello  stabilimento risultava triplicata dai 15.000 mq del 1956 a 45.000 mq: così come  la produzione era quadruplicata, da circa 45.000 a 180.000 mq  mensili.
                      L’accresciuta  espansione di mercato, tra cui in quello dell’area tedesca, con  i relativi successi, non potette fare a meno  di attirare l’attenzione di uno dei più importanti complessi europei nella  produzione della ceramica, il gruppo Villeroy – Boch, che nel 1968 acquistò il  pacchetto azionario della SPICA, con una offerta significativa alla quale non  si potette dire di no.
Ma nel  frattempo, nei primi anni sessanta, dopo aver consolidato ed espanso la SPICA,  Randi si rendeva conto che, accanto ai materiali di piastrelle in produzione,  era ormai necessario guardare avanti; intuendo in particolare che a corredo della  produzione in essere, fosse ormai necessario abbinare una serie di articoli  igienico – sanitari e piastrelle da rivestimento in gres ceramico porcellanate  ad uso industriale.
                      Venivano così  avviate la costituzione e la progettazione della nuova Soc. SPEA che, dopo un  primo momento di contrasto con l’amministrazione locale, fu insediata nel  nucleo di industrializzazione di Teramo, su un’area di oltre 100.000 mq, con  l’inizio dei lavori di costruzione dell’impianto nel 1965 e l’avvio produttivo  nel 1966.
                      Anche la SPEA  ottenne positivi risultati produttivi e di mercato. E così, dopo la SPICA,  anche questa venne assorbita dal gruppo Villeroy nel 1971.
                      Senza  dimenticare, tra le altre iniziative, che nel 1962 Randi aveva avuto modo di  rilevare in Svizzera la Policeramica Grono.
Ma, sempre a  proposito della SPEA, non posso fare a meno di evidenziare lo stretto ulteriore  rapporto che ebbi modo di instaurare con l’imprenditore Randi.
                      In relazione  alla citata decisione di ampliare l’attività produttiva al nuovo materiale  igienico – sanitario ed al gres porcellanato, veniva da Randi manifestata al  Comune l’intenzione  di ubicare il nuovo  impianto, nei pressi di quello esistente della SPICA, nelle aree della zona  Acquaviva.
                      Ciò venne a  rappresentare, come accennato, un motivo di discussione nella differente  valutazione tra azienda ed amministrazione comunale, non ritenendo quest’ultima  l’opportunità di far insediare nuove attività a ridosso della città, che si  andava espandendo ampliando il suo centro urbano.
                      Anche per tale  situazione Randi prese l’iniziativa di fare una lista civica per le elezioni  comunali del 1964, forse ritenendo di poter influire sulla nuova  amministrazione. Così non fu. Egli fu il solo eletto della sua lista, e  peraltro  per la forza autonoma del partito  di maggioranza, la DC, non erano possibili condizionamenti di sorta.
                      E’ comunque  da rilevare che Randi tenne sempre in consiglio, nel quale ero presente anche  con l’incarico di capo gruppo, un atteggiamento di dignità, di cordialità e di  rispetto, senza mai entrare in antipatiche strumentali polemiche; tanto è vero  che da parte del sindaco Gambacorta fu strappato a Randi l’impegno di assumere  la presidenza della locale squadra di calcio.
                      Il problema  dell’insediamento del nuovo impianto veniva intanto risolto attraverso il ruolo  che aveva assunto il neo costituito Consorzio per il nucleo industriale, che  ero stato chiamato a presiedere.
                      Randi aveva  anche minacciato, se non poteva ubicare il nuovo impianto nell’area contigua a  quello esistente, di andare a realizzarlo fuori il comune di Teramo, lungo la  costa.
                      In verità una  delle motivazioni economiche che lo spingevano a realizzare il nuovo  stabilimento vicino a quello in funzione era quella della ormai esistente linea  per l’approvvigionamento di metano, fonte di energia importante per il  funzionamento dei forni.
                      Il Consorzio  industriale, in sintonia con la redazione del piano regolatore della zona, mise  intanto a disposizione l’area necessaria nel comprensorio di intervento S.  Atto, assicurò per la nuova linea di diramazione del metanodotto che avrebbe  dovuto servire il nucleo industriale, e si potette fare rapidamente l’atto di  cessione dell’area. Nel settembre 1965 si tenne la cerimonia per la posa della  prima pietra della SPEA, con la presenza dell’allora ministro dell’industria,  Emilio Colombo.
                      Lo  svolgimento delle varie procedure per accelerare la costruzione dell’impianto  rappresentò motivo per un rapporto più costante ed aperto. Non dimenticando,  tra l’altro, un avventuroso viaggio, io, Randi e Carlini, a Napoli, per  incontri all’ISVEIMER, istituto chiamato a finanziare l’investimento. Come  ancora le sollecitazioni continue che venivano avanzate per decisioni rapide da  parte della Montedison per la costruzione del nuovo  ramo del metanodotto fino al nucleo con  intervento della Cassa per il Mezzogiorno; come per le pressioni sulle Ferrovie  dello Stato per ottenere la costruzione del raccordo ferroviario, occasione  peraltro molto favorevole per far assumere alle Ferrovie la decisione di  ammodernare l’intero armamento della linea.
                      La  costruzione del nuovo impianto, con il ruolo assunto dal Consorzio, fu  certamente determinante per avere la dotazione di importanti elementi di  infrastruttura.
Nel 1968  veniva pure fondata l’Edigrafital, ubicata sempre nel nucleo industriale,  destinata a manifestarsi tra le più importanti industrie editoriali per la  produzione di volumi e cataloghi d’arte. Accolse anche l’inserimento della  prima rotativa tipografica d’Abruzzo.
                      Nel 1969  assumeva pure l’iniziativa di fondare in Misano Adriatico la Portoverde Spa.
Ma accanto al  prevalente impegno della sua attività imprenditoriale, Randi non mancava di  offrire il suo contributo nel campo pubblico e sociale. Dal 1951 al 1960 è  sindaco del comune di Castelli; realtà alla quale era ormai sempre più legato,  non soltanto per gli impegni aziendali, ma anche ormai per un rapporto  affettivo primario, avendo qui formato la sua famiglia allietata dall’arrivo di  quattro figli.
                      Non fu solo  sindaco, ma per oltre venti anni dal 1952 al 1973, esercitò la funzione di  Presidente del Consiglio di amministrazione della Scuola d’Arte di Castelli, su  nomina del Ministero della Pubblica Istruzione.
                      A questa  istituzione dedicò molto del suo impegno e della sua passione intelligente,  ricollegandoli peraltro alla sua formazione giovanile che lo aveva visto alunno  apprezzato della Scuola d’Arte di Faenza.
                      Come  amministratore e come esperto contribuì validamente all’ammodernamento della  Scuola d’Arte di Castelli, favorendone la trasformazione in Istituto d’Arte per  la ceramica, e permettendo così, nella continuità assicurata, il suo  potenziamento educativo per consolidare e sviluppare le tradizioni di una delle  più significative realtà dell’arte ceramica italiana.
                      Di certo  l’opera formativa svolta dalla Scuola d’Arte prima, e poi come Istituto,  contribuì in buona parte a favorire il rilancio del sistema delle botteghe  artigianali, affiancandosi all’azione intrapresa dal nuovo Centro Ceramico  Castellano, ente costituito ai primi anni sessanta su iniziativa della Camera  di Commercio e del Comune di Castelli. Le botteghe, che nei primi anni  cinquanta avevano toccato il numero più basso di presenze non raggiungendo la  decina di unità, cominciano costantemente ad espandersi, diventando ventisei a  metà anni settanta ed oltre le cinquanta negli anni novanta, come risultano  attualmente, tra le botteghe  d’arte, gli  studi e le vere e proprie piccole aziende.
Non si  manifestava intanto da parte di Randi soltanto il miglior esercizio di una  competenza manageriale di impresa. Egli si appalesò come un vero e proprio  mecenate favorendo, al di là dell’interesse prettamente industriale, la  crescita di iniziative collocate nel filone più direttamente artistico  dell’arte ceramica, attento a continue ricerche di nuovi materiali, disegni e  forme espressive di soggetti. L’azienda di Castelli, anche in collaborazione  con la Scuola d’Arte, ospitava spesso e volentieri maestri ed artisti, che  utilizzavano il materiale di base per personali creazioni e venivano aiutati  nella acquisizione di aggiornate conoscenze tecniche.
                      Anche per  tali rapporti, oltre a quelli specifici dell’azienda, vi è concreta  testimonianza nella raccolta delle “ceramiche di Castelli nella collezione  SPICA”, di cui si è potuto ammirare il valore nelle mostre organizzate nel  corso di questo anno. 
                      Nel 1954  venne assunta, con il suo responsabile sostegno di Presidente della Scuola, la  originale iniziativa per realizzare il cosiddetto “terzo cielo di Castelli”,  edizione moderna del famoso soffitto di S. Donato. La Scuola d’arte si impegnò  per dare vita, nelle molteplici mattonelle ( oltre 350, di cui oggi ancora  visibili 258), a questa opera che, con la guida del direttore Guerrino Tramonti  e la collaborazione dei professori Serafino Mattucci e Arrigo Visani, e degli stessi  studenti, sarà esposta a Milano nell’ambito della decima Triennale di quella  area.
                      Felicemente  recuperata da Firenze, è ora tornata a Teramo, presentata in mostre a Castelli  ed a Teramo, con quest’ultima ancora in corso.
                      Veniva anche  avviata da parte dell’Istituto d’Arte la realizzazione, a partire dal 1965, del  grande Presepe, che tanto ha contribuito a far crescere attenzione e conoscenza  intorno alla realtà castellana.
Sono inoltre  gli anni per l’impegno nella guida dell’Unione Industriali della provincia  teramana, di cui tiene la presidenza dal 1956 al 1972. 
                      E’ il periodo  nel quale, terminata la fase della ricostruzione, si stanno manifestando i più  significativi movimenti di sviluppo economico, ed in particolare delle attività  industriali, anche nel teramano.
                      Nei confronti  dei dati dei due censimenti industriali, tra il 1951 ed il 1961, si può  constatare la crescita del settore industriale, che passa da 12.549 addetti nel  1951 a  15.596 nel 1961, con un incremento pari al 24%.
                      Per le  attività del comparto di lavorazione dei minerali non metalliferi, si ha un  raddoppio di addetti da 889 a  1.850. E’ il comparto nel quale, accanto alle produzioni di materiali per  edilizia, si colloca anche la ceramica industriale, che risulta essere appunto  l’attività che contribuisce in maniera rilevante a detto incremento, proprio  tenuto conto dell’entrata in attività nel decennio della SPICA, di Teramo, che  arriva ad occupare oltre trecento addetti, a parte l’indotto esterno.
                      Dopo  l’esperienza SIMAC e SPICA di Castelli, è di fatto la SPICA di Teramo che  possiamo considerare la prima media industria provinciale. Era,  è vero, sorta nel periodo un’altra industria  che arrivava ad occupare anche quattrocento unità, lo zuccherificio SADAM di  Giulianova, ma era una prevalente occupazione stagionale di due – tre mesi.
                      Sarebbero poi  cominciate a sorgere altre medie imprese, come la Monti di Roseto, la Fastigi  di Martinsicuro, la Colaprico di Pineto, l’Alfa Gomma,ecc., e la stessa SPEA,  realizzata da Randi, ma sempre nel corso dei successivi anni sessanta.
                      Erano gli  anni nei quali la provincia di Teramo, nel contesto regionale ed in sintonia  con il notevole sviluppo che andava caratterizzando il Paese, si avviava pur  essa su ritmi sostenuti di progresso economico e sociale; e che l’avrebbe  portata a ridurre il divario con le aree più avanzate, ed a quasi decuplicare,  in un quarantennio dal 1951 al 1990, il suo reddito pro – capite. Con  l’industria crescevano i servizi ed in particolare il comparto turistico, e si  riorganizzava l’agricoltura. Ritmi che ormai da quasi un ventennio si sono  sensibilmente ridotti su andamenti con bassi indici; ma, fatto ancora più  grave, con il ritorno all’ampliarsi della forbice rispetto ai valori medi  nazionali e quindi delle aree più sviluppate. 
                      Come elemento  significativo delle grandi trasformazioni, anche sociali, le quali avevano  riguardato quei periodi basti ricordare che la popolazione attiva agricola  sarebbe scesa dal 63,7 % del 1951, al 9,2% nel 1991 , ed ancora al 5,9 % nel  2001.
In tale quadro,e  con specifico riferimento agli anni cinquanta e sessanta,  proprio per quello che aveva rappresentato  prima il mantenimento produttivo della SPICA di Castelli  e poi lo slancio innovativo fornito dalla  SPICA di Teramo, sulla base del ruolo svolto e quindi del particolare spirito  di iniziativa impersonato da Randi,   possiamo ritenere la persona come interprete pionieristico della  industrializzazione moderna della provincia di Teramo.
                      L’attività  imprenditoriale di Randi rappresentò pertanto una significativa, e per certi  versi anche trainante, presenza nell’avvio di quella forte espansione della  piccola e media impresa che avrebbe appunto caratterizzato la provincia  teramana negli anni sessanta.
                      Ciò, con una  azienda che faceva il salto dalla piccola alla media dimensione, che iniziava a  seguire il mercato, aprendosi a quello nazionale e lanciandosi su quelli  esteri.
                      Con Randi si  manifestava un concreto esempio di coraggio e lungimiranza, disposto al rischio  ma consapevole della necessità di guardare avanti preparando nello sforzo  costante di ricerca e di innovazione le aggiornate risposte alle esigenze  produttive e di mercato.
                      Tale visione  non dimenticava, ma anzi se ne alimentava, quel retroterra di cultura della  tradizione, artistica ed artigianale, sulla quale si era mossa l’attività  industriale vera e propria.
                      Si riusciva a  costruire senz’altro una eredità positiva di imprenditorialità.
                      Questo  stimolo ad  una presa di coscienza sempre  più larga della capacità di iniziativa di impresa, Randi riusciva ad offrirlo,  sia come esempio concreto di operatività, ma anche attraverso la presidenza  dell’associazione industriali, strumento di sollecitazione e di conoscenza alle  nuove possibilità realizzatrici; nel quadro peraltro degli adottati strumenti  agevolativi per le aree del meridione.
                      Ma Randi,  anche nel successo economico, restava serio nell’agire, un uomo modesto  nell’apparire, ma sensibile ed aperto, ed istintivamente  vicino ai lavoratori nell’azienda.
                      Nelle stesse  trattative sindacali, pur fermo e deciso nella difesa e tutela degli interessi  aziendali, come interesse generale, non mancava di prestare ascolto alle  esigenze del lavoro. Non a caso, come risulta da precisi ricordi, Randi applicò  uno dei primi contratti integrativi del periodo. 
Aver voluto  perciò ricordare Randi, con i vari momenti celebrativi nel centenario della  nascita, non ha rappresentato sicuramente un superficiale e presuntuoso  esibizionismo, ma la positiva e giusta riproposizione, nella memoria, di un  significativo esempio di operosità intelligente che degnamente ha contribuito a  far crescere la comunità in cui si è espressa.
                      Ed è lodevole  aver organizzato questo stesso convegno nel ricordo di Randi.
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